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Carlo Menzinger di Preussenthal | L’angeLo deL fango n a r r a n d o







L’Arno, dopo essersi impregnato
sfuggito ai propri argini si scatena in una danza folle, allar- 
gandosi e spostandosi ovunque possa, con una gioia selvag- 
dei miasmi cittadini, risale purulento 
gia e violenta, cercando di raggiungere e toccare ogni cosa.
attraverso le fogne in cui ha appena 
Dimenando entusiasta l’immensa coda, provoca smotta- 
grufolato, straripando a piazza 
menti e frane. Allaga anche Ponte a Poppi. La gente, nuova 
Mentana. Alle due di notte il Mugnone 
specie di uccelli spaesati, si appollaia sui tetti.
conquista il Parco delle Cascine, I collegamenti sono interrotti: l’Autostrada del Sole, la 

danzando sfrenato lungo i suoi viali, ferrovia per Arezzo, la Tosco-Romagnola, le vie tra Firenze 

tra gli alberi accanto al letto
ed Empoli.

del fratello maggiore, l’Arno,
La gente in città comincia a guardare con preoccupazio-
ne l’amato  ume cittadino salire arrogante oltre i limiti. Sul
quasi s dandolo a fare altrettanto
lungarno c’è anche il sindaco che si sporge nervoso dal para-

petto, con una piccola corte di Polizia e Genio Civile attor-

no. Nessun allarme è lanciato, per non creare il panico. Si con da ancora che nulla di più 
possa accadere. Angelo comincia ad agitarsi. Vola inquieto sulle acque tumultuose del 

 ume, si solleva verso le nubi scure, le attraversa, vola al di sopra, sotto un cielo stellato 

che da lassù pare tranquillo e indi erente. Si tu a nei nembi e torna in picchiata a s o- 

rare i tetti rossi della città. La pioggia attraversa la sua forma incorporea. Angelo striscia 
nel fango, senza esserne sporcato. Si risolleva verso le stelle. Si ferma. Osserva. Scruta.

L’Arno, dopo essersi impregnato dei miasmi cittadini, risale purulento attraverso 

le fogne in cui ha appena grufolato, straripando a piazza Mentana. Alle due di notte il 

Mugnone conquista il Parco delle Cascine, danzando sfrenato lungo i suoi viali, tra gli 

alberi accanto al letto del fratello maggiore, l’Arno, quasi s dandolo a fare altrettanto. 
Allaga l’ippodromo tra i nitriti folli dei cavalli sconvolti. Ne consegna con un’ondata 

letale settanta alla morte, che li accoglie con le braccia scheletriche spalancate e un ghi- 

gno soddisfatto. Per sovrappiù vi aggiunge come esotico contorno persino il celebre 

dromedario Canapone, del vicino zoo.
Nel frattempo l’Arno, geloso, non vuole farsi rubare la scena da quel  umiciattolo e 

straripa pavoneggiandosi a Nave a Rovezzano, Varlungo e San Salvi e inonda persino la 

centrale via de’ Benci, quasi a dimostrare al Mugnone chi tra loro due sia il vero  ume 

e padrone di Firenze.
Alle quattro di notte, da lungarno Cellini, il  glio del Monte Falterona si riversa in 

via dei Renai e allaga strafottente l’Oltrarno  orentino  no alle porte di Scandicci.

Anche il Bisenzio decide di unirsi ai suoi fratelli, allagando San Piero a Ponti. La 

gente, sottovalutandone l’irruenza, s’illude di potersi salvare ancora limitandosi a chiu- 
dere le cateratte.

Al Bisenzio si uniscono i torrenti Vingone, Rimaggio e Guardiana. Per  umi e tor- 

renti è vera festa. Celebrano l’inattesa libertà, si uniscono e abbracciano tra loro, alla- 

gando e sommergendo ogni cosa e rivaleggiando in spavalderia. L’acqua ormai viene 

da tutte le parti: dal cielo come pioggia, dalle fogne come fetido rigurgito e da ogni dire- 
zione come  umi e torrenti fangosi in piena. Acqua. Acqua ovunque e le tenebre della 

notte ancora fonda aiutano ad alimentare la confusione di quell’orgia idrica.









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