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SPECIALE | L’alluvione di Firenze
È allora che Angelo scorge nelle acque tumultuose delle gure che non sono umane
e che, come lui, sono invisibili allo sguardo dell’uomo, sebbene abbiano sembianze
femminili di giovani ragazze. Sono le potameidi, le ninfe naiadi dei umi, le antiche
glie di Nereo e Doride. Le vede nuotare con i morbidi seni e le curve essuose coperte
solo dal velo dell’acqua e loro vedono lui, sebbene egli non abbia forma precisa e sia
piuttosto un’essenza volatile. Le potameidi, creature gentili e aggraziate, lo salutano con
le mani giovanili e il sorriso sincero. Angelo risponde titubante al saluto, che in quel
momento drammatico gli appare fuori luogo. Queste creature antiche sono quattro e
si divertono a nuotare come pesci tra le acque dell’Arno. Gli fanno cenno di unirsi al
loro gioco, ma Angelo ri uta con aria grave, e con parole che non sono parole dice loro
di guardarsi attorno e di osservare la devastazione che il loro festino sta creando. Le
eternamente giovani naiadi ridono gioiose a quel rimprovero e continuano a nuotare e
saltare tra le onde furenti, sospingendole a montare ancora.
Le naiadi non sono ora le sole creature sovrannaturali ad aver invaso Firenze. Quel
cataclisma ha attratto anche gli dei Aplu e Nethuns. Il primo, che ai tempi degli etruschi
fu Dio del Tuono e Fulmine, scaglia le sue armi dal più nero dei nembi che scuriscono
quella notte senza stelle. Nethuns, barbuto e dalla folta chioma, si bagna ebbro in quelle
acque fangose di cui fu Dio prima dell’avvento degli Dei di Roma. Lo guarda risentito
il glio del greco Poseidone, il Dio del Fiume Tritone, come se si sentisse defraudato
della scena e del regno.
È da lungo tempo che Angelo non vede tanti presunti Dei tutti assieme. La loro
presenza lo disturba. La sua non-voce tuona
Angelo scorge nelle acque tumultuose delle gure
loro di andarsene e di lasciare quella città.
Nethuns lo ssa ridendo sguaiato. Aplu rispon- che non sono umane e che, come lui, sono invisibili
de con il rombo di due tuoni in successione. allo sguardo dell’uomo, sebbene abbiano sembianze
Tritone so a be ardo nel suo corno di conchi- femminili di giovani ragazze. Sono le potameidi, le ninfe
glia. Le ninfe continuano indi erenti i loro gio-
naiadi dei umi, le antiche glie di Nereo e Doride.
chi, spruzzandosi a vicenda con risa argentine.
Le vede nuotare con i morbidi seni e le curve essuose
Alle cinque l’Arno straripa godurioso nei
coperte solo dal velo dell’acqua e loro vedono lui
lungarni degli Acciaioli e delle Grazie. Ovun-
que in città il ume è arrivato alle spallette. Gli
ore ci fuggono disordinatamente da Ponte Vecchio con i loro ori stipati in borse di
fortuna. Il Bisenzio invade San Mauro a Signa e Campi Bisenzio. Una naiade, sorridente
e vestita solo dei suoi lunghi capelli, fa surf sulle sue acque, a cavallo di un tronco.
Poco prima delle sette, l’Arno mette a segno il suo colpo più micidiale: assale la
Biblioteca Nazionale Centrale con il suo inestimabile patrimonio letterario e dilaga in
Santa Croce.
Alle otto e mezza anche l’Ombrone pistoiese rompe gli argini, correndo ad abbrac-
ciare le acque ribelli del Bisenzio. Anche Prato nisce sott’acqua. Aplu e Nethuns brin-
dano con calici colmi di fango e Aplu scaglia saette in ogni direzione. Angelo li guarda
in modo che potrei de nire accigliato se solo avesse delle ciglia sul volto e se solo avesse
un volto che queste possano incorniciare.
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