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Bruno Magaldi | 4 novembre 1966. Io c’ero
Poi arrivò l’acqua sudicia, melmosa, invadendo ru- La maggioranza dei orentini, senza troppo piangersi
morosa, rapida e prepotente, tutto travolgendo, il se-
addosso, senza attendere gli aiuti dall’esterno o dalle
minterrato, il piano terra, e salendo poi no a lambire
istituzioni, cominciò subito a spalare il fango cercando
il primo piano.
Ci ritirammo tutti ai piani superiori, e dalle ne- di liberare cantine e botteghe, cercando di recuperare
stre vedevamo tutto intorno al fabbricato scorrere la il recuperabile
melma minacciosa che aggredì i muretti dei giardini
privati, abbattendoli con sinistri scoppi e trascinando
con sé ogni genere di cose.
Macchine rovesciate e accatastate, serrande divel-
Solo verso le otto la furia sembrò placarsi e le ac- te, cubetti di por do dei selciati delle pavimentazioni
que cominciarono lentamente a de uire.
scoppiate, cancellate sfondate, tronchi d’albero, por-
La notte intanto era calata, una notte buia, cupa, toni, mobilia, masserizie, rottami e tante altre cose
senza stelle ed ogni tanto ancora scrosci di pioggia ricoperte di fango ed immerse in una putrida fanghi-
rompevano lo spettrale silenzio.
glia.
Isolati nel fabbricato, io passai la notte nell’appar- Sui fabbricati un’immonda traccia segnalava il
tamento di Gianni dove sua mamma, alla tremolante punto più alto raggiunto dalle acque.
luce delle candele, mi approntò una brandina.
Centinaia di foto, scattate nell’immediatezza del
In altri appartamenti trovarono ospitalità la si- giorno dopo o nei giorni successivi, sparse o raccolte
gnora del seminterrato che singhiozzava perché tutto in vari volumi hanno documentato la tragedia oren-
aveva perduto ed una ragazza che, sorpresa dall’im- tina.
provviso torrente d’acqua, si era rifugiata nell’andro- Nel mio ricordo è rimasto un occo azzurro su un
ne del fabbricato.
portone di uno stabile di via Gioberti, appena sporca-
Piangeva, la ragazza, perché non potendo mettersi to dal fango e dalla nafta.
in comunicazione con i suoi, non era in grado né di Quel bimbo, che ora avrà cinquant’anni, nato il
rassicurarli né di essere rassicurata.
quattro novembre, o qualche giorno prima, fu per me
Infatti le linee telefoniche erano saltate da un pez- come simbolo ed auspicio di una rinascita.
zo, ed allora non esistevano ancora i cellulari.
E la rinascita ci fu.
Anch’io ero preoccupato non avendo alcuna noti- La maggioranza dei orentini, senza troppo pian-
zia dei miei cari che si erano recati fuori Firenze ap- gersi addosso, senza attendere gli aiuti dall’esterno o
pro ttando del ponte dei Santi e della Festa (che festa dalle istituzioni, cominciò subito a spalare il fango cer-
in quel 1966!) del 4 novembre.
cando di liberare cantine e botteghe, cercando di recu-
Quella lunghissima ed allucinante notte non riu- perare il recuperabile, mentre solo i vigili del fuoco con
scii a dormire, ma credo che nessuno riuscì a permet- la loro abnegazione portavano aiuto e con i loro mezzi
tersi un sonno profondo e ristoratore.
fornivano l’acqua alla popolazione assetata.
Alle prime luci dell’alba ero già pronto e risoluto Soltanto una settimana dopo arrivarono in forza i
ad uscire.
militari, con le pale e le ruspe ed a ancarono i oren-
Avvertii Gianni che, l’orecchio attaccato alla ra- tini nel loro rabbioso lavoro per liberarsi dalla coltre
diolina le cui pile si stavano esaurendo, cercava di di fango che aveva sommerso Firenze.
captare le ultime notizie.
Ci restarono, peraltro, soltanto un mese.
Appoggiandomi al corrimano scesi le scale rico- A parte alcuni episodi di sciacallaggio, subito
perte di scivolosa fanghiglia ed uscii all’aperto. Era sventati dalle forze dell’ordine e dai militari accorsi
una bella giornata, il sole aveva spazzato le nuvole.
a Firenze nell’immediatezza dell’evento, ci fu, pur-
In uno scenario da apocalisse, i piedi che avanza- troppo, anche chi cercò di trarre pro tto dalla grande
vano faticosamente nel fango che arrivava alle cavi- tragedia.
glie, decine di persone si aggiravano attonite, in un si- Alcuni commercianti, al di là della ferrovia, dove
lenzio irreale, per le strade, per le piazze, rendendosi le acque non erano arrivate, pensarono bene di alza-
conto del terri cante scenario della città devastata e re i prezzi delle ramazze, delle scope, degli stivali di
chiedendosene il perché.
gomma e di quant’altro serviva per liberare dal fango
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