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riflessioni
giocare con i miei compagni e che ora era lonta- la mappa del nostro essere uomo per addentrarci
nissimo anni luce, indiscutibilmente irraggiungi- in viaggi emozionali che sappiamo essere difficili,
dossier
bile gattonando o utilizzando una carrozzina.
impervi e dalle conclusioni incerte, e che forse ci
Nella prima fase spesso ci si limita a ridisegna- vedono ancora impreparati. è troppo presto.
re un “nuovo” spazio che è attorno a noi, ad inca- Successivamente arrivano i “perché”, arriva-
sellare una serie di nozioni infinite, una casistica no a fiumi, durante il periodo di accettazione dei
personale che riguarda quello che possiamo o che nuovi limiti, e generano frustrazione, per quel
non possiamo fare, prendere, sfiorare. da soli. senso di ingiustizia, pesante come un macigno,
Già, questo è il pilastro principale di qualsiasi ve- che prende alla gola, e che sappiamo non avrà ri-
rifica, ragionamento o ragione di vita, sin dall’ini- scatto.
zio. Chi sono e cosa sono quando sono solo?
I “no-non posso” acquistano come per incan-
Il confronto con “il normale” è costante e le to un peso, rosicchiano alla base la Speranza, alla
prove a cui ci si sottopone sono infinite, al fine di quale cerchiamo comunque di rimanere salda-
delineare con sempre maggior precisione chi sia- mente aggrappati, e lottiamo con tutte le nostre
mo e come siamo, quali sono le nostre chances di forze per cercare soluzioni che cambino i nostri
fronte ai classici eventi della vita (scuola, lavoro, “no” in “sì-forse”.
famiglia, amori, figli e possibilità di esprimere Ausili di tutti i tipi saturano così le nostre case,
ciò che vorremmo essere o diventare nel mondo).
ognuno con il proprio uso specifico, cacciatori in-
Ne abbiamo assolutamente bisogno per rista- stancabili di “novità tecnologiche” scendiamo in
bilire quella parte di identità che riguarda la no- piazza per pretendere dalle istituzioni città senza
stra mobilità, andata in frantumi assieme a tutte barriere, così da poter utilizzare i nostri ausili al
le altre parti del nostro “essere/stare al mondo”; meglio e sostituire uno dei nostri “no” con un bel
la confusione regna sovrana sulle nuove misure, “sì” deciso.
sui nuovi concetti di vicino e lontano, sul nuovo Normalmente il periodo di accettazione, spes-
significato alla parola “metro”, sul “vengo su- so dopo tempi molto lunghi, lascia il posto ad una
bito”, su risposte a domande banali, quali “ce la consapevole coscienza di sé, basata su una sop-
fai?” oppure “vieni?”.
portazione mai rinunciataria, e su equilibri co-
In questa fase i “no-non posso” vengono struiti faticosamente durante gli anni.
Palacio de Cristal,
spesso catalogati assieme ai “sì” senza troppe elu- Qui lo spazio diventa essenzialmente perce- Parque del Buen
Retiro, Madrid. Scatto
cubrazioni; siamo troppo impegnati a ridisegnare
pito come un problema da affrontare, una fatica di Woodi Forlano.
quotidiana. Ormai sappiamo bene quali sono le
nostre possibilità, non ci resta altro che soppor-
tare la fatica di tirare giù la carrozzina dalla mac-
china, prima le ruote cercando di non sporcarci,
poi lo chassis, montare le ruote in equilibrio pre-
cario, sollevarci a forza di braccia obbligando le
parti con dolori cronici a fornire l’energia neces-
saria nonostante il dolore, e affrontare il nostro
solito tratto di marciapiede con dislivelli, pen-
denze, buche e scivoli dalle pendenze impossi-
bili. fatiche necessarie affinché un nostro “sì”
non si riconverta in un doloroso “no”.
Il nostro cervello, costantemente all’erta, di-
venta come un calcolatore velocissimo, collegato
ai cinque sensi, che vaglia ogni istante centinaia
di informazioni per farci capire se la discesa è
troppo ripida, se la superfice è scivolosa (odo-
re di candeggina, giornata umida e pavimento in
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